Terra. Intesa come Madre Terra. E che terra… fertile, ma non troppo, rigogliosa e arcigna da incantare comunque gli animi. Per questo motivo è sempre stata zona ambita nelle varie epoche; feudo monaldesco e papale, e prima ancora romana, e ancora prima etrusca. Da secoli questa terra viene coltivata, con fatica, vista la natura argillosa del terreno, e pur cambiando i mezzi, i frutti raccolti sono sempre gli stessi, i prodotti offerti hanno sempre il sapore dell’eternità. Come le paure, una tempesta, la siccità, o dei parrassiti sconosciuti, sempre le stesse.
Roberto Caiello è figlio di questa terra, ed è a lei che dedica il suo atto d’amore, la sua creatura letteraria, attraverso le persone/personaggi che l’hanno vissuta in tutta la loro totalità, come il padre dell’autore stesso, ma anche la madre, ma soprattutto attraverso le vicende di un’intera famiglia, una numerosa famiglia contadina, che ha tratto gioie e dolori da questa valle insidiosa, Poggio Galletto.
L’autore avendo vissuto in prima persona queste esperienze può permettersi una descrizione minuziosa dell’ambiente e della civiltà contadina, con approccio veritiero alla narrazione, con uno stile realista e documentaristico, arricchito da uno studio terminologico accurato e un ampio archivio fotografico, ed appunto può coglierne il lato nostalgico legato all’infanzia, in cui i sacrifici erano duri ma poi ci si accontentava di quel poco che si ricavava, che era tantissimo, ed appunto può coglierne la lenta estinzione, l’abbandono delle campagne verso i centri urbani, avendo lui stesso dovuto tradire le sue radici, iscrivedosi all’università e laureandosi in Medicina.
E credo sia fondamentale che ci lasci la sua testimonianza che acquisisce valore storico e sociale.
Roberto Caiello è figlio di questa terra, ed è a lei che dedica il suo atto d’amore, la sua creatura letteraria, attraverso le persone/personaggi che l’hanno vissuta in tutta la loro totalità, come il padre dell’autore stesso, ma anche la madre, ma soprattutto attraverso le vicende di un’intera famiglia, una numerosa famiglia contadina, che ha tratto gioie e dolori da questa valle insidiosa, Poggio Galletto.
L’autore avendo vissuto in prima persona queste esperienze può permettersi una descrizione minuziosa dell’ambiente e della civiltà contadina, con approccio veritiero alla narrazione, con uno stile realista e documentaristico, arricchito da uno studio terminologico accurato e un ampio archivio fotografico, ed appunto può coglierne il lato nostalgico legato all’infanzia, in cui i sacrifici erano duri ma poi ci si accontentava di quel poco che si ricavava, che era tantissimo, ed appunto può coglierne la lenta estinzione, l’abbandono delle campagne verso i centri urbani, avendo lui stesso dovuto tradire le sue radici, iscrivedosi all’università e laureandosi in Medicina.
E credo sia fondamentale che ci lasci la sua testimonianza che acquisisce valore storico e sociale.
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